Stralci Critici
Tratto da “Limen Art”
…Nelle stanze dell’anima femminile, con maestria tecnica che si nota dall’uso della luce, che combina Caravaggio e il set cinematografico, e nei contrasti di colori, tessuti con un sovrapporsi attento di pennellate che rivelano e celano ombre e velature, si muove Michele D’Avenia scovando, nella semplicità domestica, le emozioni d’amore, da un sottile e raffinato erotismo, ad una ripresa romantica; dalla disperata attesa alle lusinghe e alla delusione. L’artista si muove alla maniera di Jack Vettriano, con la differenza che lo scozzese ha alle spalle Hopper e la “scena americana”, mentre D’Avenia ha scelto la “scena italiana”.
Lucio Barbera
Tratto da “Luci e ombre”
…L’immagine daveniana è qualcosa a mezzo tra la storia e la natura: sono i suoi paesaggi dell’anima, i morceaux d’entrailles della storia umana. Ecco allora che questi momenti primi, appunto spirituali, di una storia sono anche i momenti ultimi di una natura che rivendica la sua infinità fantastica e metamorfica di fronte agli oggetti di ogni giorno – un fiore, un frutto, un bicchiere, uno strumento musicale, una sottoveste, una scarpa – che acquistano la preziosità di un cammeo inciso in una pietra preziosa. Sono gli oscuri e sfuggenti fatti della storia incisi nella luce sempre rinnovatesi della natura, a dire che il mondo rinasce sempre nel precipite indizio che tra storia e natura rivela la sua sostanziale biunivocità: la pittura dell’artista è una suspense che può precipitare nei due sensi, ma che ha la grazia di una rimarchevole epochè in cui l’uomo s’intrattiene sul fondamentale doppio senso su cui è basata la sua esistenza.
Floriano De Santi
Tratto da “I volti dell’emozione”
…Ha corso, e forse corre, un solo pericolo, la pittura di Michele D’Avenia, uno dei protagonisti della intrigante stagione iniziata sul finire degli anni Novanta del secolo scorso, che ha dato vita a ciò che oggi, al tutto riconosciuta ed ammirata sulla scena internazionale dell’arte si suole definire “Figurazione Nuova”, per designare non solo il ritorno alla pittura, ma alla pittura iconografica. L’unico rischio che la pittura di quest’artista, fedele ad una coerente visione dell’arte, corre, è arrivato dalla scultura che fortemente lo attira, e della quale ha dato grande prova con l’opera “L’altra faccia del peccato”, in marmo di Carrara che, nel 2004, ha vinto il “Premio Arte Mondadori”, riscuotendo un meritato successo alla mostra che ne seguì al Museo della Permanente a Milano. E’, forse, la “scultura di D’Avenia” ad insidiare la “pittura di D’Avenia” che, tuttavia, rimane il suo grande amore, una dolce ossessione, come è testimoniato da un percorso che lo ha portato sempre più ad affinare gli strumenti espressivi, messi al servizio di un’idea che lo guida e lo tormenta quando, con sapienza e partecipazione, seguita a fare i conti con la “natura morta”, o a indagare sulla persona umana, ponendosi così tra gli esponenti di punta di quella che io definisco “Human@rt”, cioè una pittura che, con i suoi strumenti antichi e moderni, ristrutturando al suo interno i vari linguaggi del presente dai quali pure si fa meticciare, pienamente accetta la sfida della realtà, oggi, probabilmente, l’unica vera e possibile forma d’avanguardia. Si potrebbe, dunque, dire “D’Avenia contro D’Avenia”, se poi il supposto conflitto, tra la pittura e la scultura, non fosse la precisa testimonianza di un impegno unitario che è, al tempo stesso, estetico ed etico. In che cosa consiste la coerenza unitaria che fa di D’Avenia un artista in grado di colloquiare, con una propria individualità stilistica e internazionale, con le presenze più significative della figurazione italiana e internazionale? Consiste nello stare criticamente immerso nel presente, di cui assorbe tutti i veleni e, nel contempo, tutte le suggestioni, sostenuto non dal ricordo di un passato fatto di perdute armonie, ma dal sogno di un futuro ancora possibile perché ancora umano.
Lucio Barbera
Tratto da “Michele D’Avenia: nelle stanze della memoria”
…E’, quella di D’Avenia, una pittura-pittura, con radici antiche ma assolutamente contemporanea, che non tende a rappresentare ma usa del rappresentato, un fare arte ambiguo e intrigante che lievita emozione nel ghiacciato cortocircuito di un’immagine fissata nel tempo e nello spazio. …Se per Ventrone si è parlato di trasfigurazione luministica della natura, per il pittore messinese ci si deve ricondurre alla grande matrice di quella finzione naturalistica in cui l’artista abbandona il modello per la trascendenza della invenzione pittorica, rifiuta il vero fotografico per una composizione mentale e tutta interiore. Nature morte, situazioni, figure – pur nella loro alta definizione – restano nella realtà naturale, non divengono mai materiali da surgelare, ripresentare e consumare pronti per l’uso. In ogni opera dell’artista la caducità dell’esistenza tracima nella porosità della vita. Nel prima, nel durante, nel dopo qualcosa accade o è accaduto, resta nell’aria, respira nelle cose. E il tempo racconta.
Valerio Grimaldi
Tratto da Michele D’Avenia o della Pittura “Senza Errori”
…All’uso evocativo della luce, che sbalza le superfici in contrasto netto con le ombre, D’Avenia affida l’epifania delle figure, come scolpite in un’atmosfera di stupore lucido. Vi è un senso metafisico in questi scatti rubati alla intimità domestica, visioni smaltate nelle quali tutto è così evidente da diventare inspiegabile. Così anche nelle nature morte, più vere del vero, sorprendenti e spaesanti nella loro oggettività…
Stefania Petrillo.
Tratto da “Atmosfere e silenzi”
…L’incanto espressivo delle opere di D’Avenia è soprattutto questo: noi possiamo leggerle come omaggio alla bellezza della natura o, al contrario, identificazione della natura con l’artificio, anzi come volontà di fermare e congelare metamorfosi e decadimento bloccando l’attimo fuggente, nello stesso tempo possiamo goderle per la loro purezza stilistica. Dietro la quale c’è non solo la sapienza di mestiere maturata nel tempo con sempre maggiore padronanza e apparente semplicità, ma un sorprendente accumulo di esperienze culturali; sorprendente perché esso non genera un sovraccarico, ma alimenta un conclusivo nitore.
Rossana Bossaglia
Tratto da “Infinite Varietà”
…D’Avenia sa che nulla è più difficile e complesso dell’essere un pittore “realista”. Il mondo visibile è li davanti a tutti noi, che l’osserviamo con quotidiana, stereotipata consuetudine, riconoscendone meccanicamente gli oggetti e le immagini, ma per D’Avenia no. Per lui l’atto di dipingere la realtà richiede una concentrazione superiore, un qualcosa di molto simile al tiro al piattello, tentando di catturare un obiettivo inafferrabile e sfuggente, seppure immobile, per fissarlo in un’immagine assoluta e, solo apparentemente, momentaneamente universale.
D’Avenia, quindi, opera una sorta di sottilissimo occultamento del visibile, traendone solo pochi elementi di partenza per disvelarne aspetti che forse la realtà non sa nemmeno d’avere. Egli ritrae la realtà per negarla, sfuggendo alla sua univoca, apparente e immediata ovvietà, convinto com’è che, per dirla con Saint Exupery, “l’essenziale è invisibile agli occhi”…
Alberto Agazzani